Olga, lei sì
che era davvero ricca. Davvero ricca vuol dire che un pomeriggio mentre
passeggiavamo sulla Regent Street mi ha chiesto se mi sembrava un buon
investimento comprare il flagship store di sei piani dove ci trovavamo, così per
diversificare.
In una città dove lo status è ancora un potente motore sociale, girava sempre
con i soliti jeans consunti. Ci era affezionata. Poi ci metteva su la Chanel.
Ordinava, con numerose clausole, cappuccini fatti d’aria e se non ne bastava uno
ne prendeva un secondo, anche un terzo. Insisteva per renderti i cinquanta pence
di una mela e preferiva lavarsi i vestiti da sola.
Non trovava pace con le sue tate proprio per questa faccenda del bucato. L’ultima aveva messo in lavatrice un Alexander Mc Queen, poi diventato taglia 0-12 e passato alla nipote.
Non trovava pace con le sue tate proprio per questa faccenda del bucato. L’ultima aveva messo in lavatrice un Alexander Mc Queen, poi diventato taglia 0-12 e passato alla nipote.
Aveva superato da tempo la soglia già alta in cui si può fare tutto quello
che si desidera e viveva nell’inconsapevole empireo di chi può fare solo quello
che desidera. Non solo era abbastanza ricca da comprare due biglietti per
Marbella e due per Nizza ogni volta che non aveva deciso dove passare il
finesettimana. Era così ricca da farsi incartare la mezza colazione non ancora
consumata per portarsela a casa, con nonchalance. Al posto della seconda metà di
colazione ordinava un’insalata come la mia e se le mangiava con la voracità di
un ragazzino, la sua e metà della mia. Olga non doveva dimostrare niente. Né
alla corte di nuovi ricchi schiavi del lusso che le gravitava intorno né a sé
stessa.
In realtà mi andava un frullato fresco stamattina, ma sapevo di
poter mangiare i biscotti a colazione. Così è finita
che li ho mangiati per il solo gusto di potere
e mezza mela. Ci credereste che di più
non me ne andava? Credo sia stato il mio risarcimento per aver mangiato i
biscotti “per forza”.
Quante volte mangiamo qualcosa solo perché “possiamo” o perché “è
il momento di mangiarlo”? Quanti dei nostri pasti, spuntini, assaggi sono la
conseguenza non del piacere ma di un intrico di obblighi già scritti?
Anche questo continuo a dimenticarlo spesso, la
libertà è poter scegliere di non fare. La prossima volta, prima di
“evviva posso=devo mangiare i biscotti” cercherò di chiedermi “ ma ti vanno
stamani i biscotti?”
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