La signora dell’alimentari sotto casa è della provincia di Arezzo e io anche
se la conosco da anni non mi ero presa la briga di scambiarci un numero di
parole sufficienti a scoprirlo. Non conosco la sua zona, resta un elenco di nomi
senza volto quello che mi elenca con evidente nostalgia: Bibbiena, Poppi,
Camaldoli...“Com’è Camaldoli signora?”
Spero che la voce non tradisca un eccesso di emozione, sono anni che
accarezzo l’idea di una settimana di digiuno all’eremo. La pregusto aggiungendo
ogni volta un nuovo tassello allo scenario, soppeso la possibilità di essere
accettata a condividere la vita frugale del convento. “Sto coi frati e zappo
l’orto” rispondo a chi mi capita di parlarne. L’ironia rassicura
l’interlocutore e da’ immediato sollievo all’improvviso sospetto che io sia
matta come un cavallo. La mia è archiviata come una trovata eccentrica e io
proteggo l’autenticità di questo desiderio da sguardi indiscreti.
“Camaldoli sempre uguale” sembra credere che io ci sia già stata. Il tentativo di dissimulare l’entusiasmo deve essersi risolto in una blanda curiosità. “Il monastero sempre uguale, l’eremo invece l’hanno ristrutturato per il Papa”. Il mio sogno di convincere l’abate di Camaldoli a concedermi una settimana di silenzio tra i suoi sassi si dissolve nell’aria del negozio in minute goccioline di sconforto. “Ma poi il Papa è andato alla Verna”. Che peccato, vorrà dire che a Camaldoli ci andrò io.
“Camaldoli sempre uguale” sembra credere che io ci sia già stata. Il tentativo di dissimulare l’entusiasmo deve essersi risolto in una blanda curiosità. “Il monastero sempre uguale, l’eremo invece l’hanno ristrutturato per il Papa”. Il mio sogno di convincere l’abate di Camaldoli a concedermi una settimana di silenzio tra i suoi sassi si dissolve nell’aria del negozio in minute goccioline di sconforto. “Ma poi il Papa è andato alla Verna”. Che peccato, vorrà dire che a Camaldoli ci andrò io.
“Be’, ma ormai l’eremo l’hanno rimesso, buona giornata signora”. La mia è già
decollata.
Mi sono chiesta tutta la notte cosa avrei scritto oggi dopo aver già
esaminato diffusamente tutti i perché e i percome mi sono imbarcata in questa
sfida e come intendo portarla avanti. E adesso?
Lo imparo ogni volta con stupore che la vita bisogna lasciarla fare. Che
saperla vivere vuol dire elaborare reattivamente i suoi continui input, non
pensare di andare avanti con quel poco che crediamo di sapere. Pena trasformarci
presto in un pozzo vuoto. O peggio, in un disco rotto che si ripete.
Detto questo speriamo di non diventare troppo saggia tutto insieme sennò a
trent’anni ne dimostrerò settanta. Comunque dicevamo,
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