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domenica 22 luglio 2012

From hero to zero in 10’ netti. Rialzarsi, istruzioni per l’uso.


C’è chi si infortuna gloriosamente sul campo di una qualche gara e a chi basta un signore che saliva sull’autobus. Mentre io scendevo. 

La potenza dell’inerzia del suo piede distratto esplosa sul legamento della mia caviglia. Centrato con l’assoluta precisione che solo il caso saprebbe riprodurre. Quaranta giorni di stampelle, una maestra di danza incredula e un paio di ex caviglie forti da reinventare.

C’ero quando è successo. Lo so che inciampo facilmente, un po’ perché guardo sempre per aria un po’ perché da allora una caviglia ogni tanto va giù.

Eppure l’ho pensato. E detto. E ripetuto. Che è colpa mia se ora non posso iniziare a correre. Che non avrei dovuto inerpicarmi su delle zeppe così alte. 

Che prima di vederlo sdoganato a Londra per me il plateau era una scarpa da drag queen. 

Che per quanto Enzo e Carla caldeggino l’adozione della scarpa-marciapiede per la spesa del mattino* insistere a portarla in occasioni disinvolte è inelegante. 

Che ondeggiare fuori dal negozio sportivo a venti centimetri da

giovedì 19 luglio 2012

Staccare le mani dal timone è una scelta. Capire quando si rende necessario e quando ti stai sottovalutando come pilota è arte.

Ci sono giorni che prendi atto che non ci stai nemmeno provando. 
Hai anche una vita da mandare avanti, altri pensieri. 

O forse non ne hai abbastanza e questo sta colonizzando la steppa desolata del tuo cervello come un Napoleone qualsiasi. 
E allora ti opponi, che saranno anche solo quattro capre sparse tra i neuroni e qualche yurta, ma erano terre tue e tue devono restare.

Apri il frigo continuamente in cerca di qualcosa che potresti mangiare, che non hai fame ma questo fatto di dover raccontare tutto e diventare la persona migliore che
“se finora non sei mai stata ci sarà anche un motivo 
solo perché in un giorno di ottimismo l’hai promesso, sta diventando irritante.

lunedì 16 luglio 2012

Consigli pratici per Abbuffatori Anonimi in situazioni di rischio.



“E mi raccomando chiudete la luce, il gas, lo sportello del forno che la leccarda prende aria, le finestre esterne e quelle interne, le persiane, le zanzariere, il gatto nel microonde e lo scheletro nell’armadio”.

Ah no il gatto non lo abbiamo, meno male che bestie in casa per carità. Il frigo invece possiamo -anzi dobbiamo- lasciarlo aperto. E eliminare ogni traccia di cibo che lasciasse sospettare a una formica dei RIS che sì, la casa un tempo è stata abitata. 

E spostare i mobili dal muro che fanno umidità altrimenti l’odore renderà il quartiere inagibile fino alla terza generazione. La muffa consumerà le pareti fino a minare la staticità del palazzo e le cavallette che sbadigliano tra le pagine delle bibbie della città le abbandoneranno per un rave tra i nostri pensili.

Se scordiamo qualcosa poco male, ci penserà lei che tanto dare una controllata un paio di volte a settimana non le costa niente.


lunedì 9 luglio 2012

Uno stillicidio di innocui bocconcini fa più di un bel morso

foto di Tomasz Gudzowaty, particolare
Forse è il fatto che siano piccole e sferiche, come innocue biglie. 

Forse l’illusione che tanta minutaglia non possa cumularsi in solido adipe ma debba scivolare rotolando su dei fianchi che a far scivolare alcunché si prestano bene. Con la dovuta eccezione di certi vestiti. 

Sta di fatto che ne sto abusando. Che siano ciliegie, olive, mandorle o prugne secche una rapida scorsa alla sequenza dei miei chiudipasto degli ultimi giorni farebbe chiedere a uno studioso che se la ritrovasse davanti se la parola “pasto” non venisse utilizzata dagli italiani dei primi decenni del 2000 con l’accezione di “antipasto”, forse per un eccesso di pudore alimentare.

Un passo indietro: non sto predicando l’abolizione della frutta secca da una sana ed equilibrata alimentazione, anzi.

domenica 8 luglio 2012

Il segreto numero due dei felafel che non assorbono unto: un frullatore POTENTE

clicca la foto per vedere il blender con
 il più potente motore sul mercato
No, non sto auspicando la morte prematura dell’irriducibile Moulinette che si gode la sua lunga, arzilla vecchiaia. Ho rinunciato. Ci manca solo che anche il frullatore ceda all’improvviso a polverizzare le mie già poche certezze. 

L’intonaco che continua a soffrire di pavor notturno e non si convince a restare attaccato al muro. Lo sciacquone appena sostituito che sciacqua il pavimento con un esuberante scroscio di acqua fresca ogni volta che se ne preme il pulsante. 

E io che ho detto addirittura no grazie al prete che mi ha offerto la benedizione. Pensavamo a torto che fosse una casa laica. La prossima volta risponderò “porti anche l’esorcista o non se ne fa niente”.

Per non far rompere i felafel in cottura ci vorrebbe un frullatore potente, in grado di ridurre i ceci crudi e gli altri ingredienti a una pasta verdina piuttosto lavorabile. In mancanza, basta avere la pazienza di frullare ancora e ancora fino all’esaurimento del motore nella mal dissimulata speranza di meritarvene uno migliore.

venerdì 6 luglio 2012

Il segreto numero uno dei felafel che non assorbono unto: fategli mettere il becco.

No, non ai sempre abbondanti dispensatori di opinioni personali fondate solo su un opinabile pregiudizio e nemmeno ai vicini di casa con troppo tempo libero per non passarne la metà osservando voi dalla finestraIntendevo ai ceci.

"La natura basta guardarla"

A questa altisonante perla di saggezza sono arrivata facendo germogliare vassoi su vassoi di legumi nei giorni di digiuno, complice un'ostinazione all' osservazione esacerbata dall’inedia. 

Per celebrare l'attesa fine del reintegro, avevo promesso a me stessa e al Giobbe che mi accompagna qualche giorno di dieta crudista, coinvolgendolo nelle prestigiose vesti di assaggiatore critico molto poco ben dispostoUn vero peccato aver cominciato dal porro crudo.

giovedì 5 luglio 2012

Miglio con totani in zimino

“A Londra il primo non l’ho mai tolto dal comodino. Più che un ricettario lo considero un trattato di filosofia”

Le racconto di come espiavo il mio quotidiano abisso di caffè in corsa, sandwich garantiti freschi e cene take away con lunghe letture serali di quella prosa trionfante. 


Di come mi pacificasse la descrizione di quel cucinare generoso in una città dove fare un vassoio di crespelle per i colleghi costava settimane di attesa per un turno in cucina e un pound per etto di bietoline.  


Le parole sull’alchimia del giusto aceto sul pane ben strizzato, sulla potenza del soffritto quando raggiunge il suo colore, che scorrevano tra le mie giornate curiose. La pioggia che faceva luccicare i mercati e il fumo perenne di una cucina mai vuota.

“Ma sì, lo compro, è anche Natale…”
“Davvero. Andiamo a conoscerlo allora!”

mercoledì 4 luglio 2012

Mostra i fiori che hai già

In una parola inarrestabile.
La mia voracità senza ragione degli ultimi giorni, che non è nemmeno fame, è paura di poterne avere. Vertigine di fronte al cambiamento che si prospetta.

Aspettare di aver fame per mangiare, ascoltare con rispetto la voce del corpo è un grande cambiamento per chi non è cresciuto facendoci l’orecchio. Una voce che spaventa quando si inizia a darle credito, che ci porta dove non sapevamo di voler andare. 

Il corpo va naturalmente nella direzione del suo benessere, della nostra serenità. Non sa che potrebbe scardinare equilibri confortevoli in cui magari non volentieri ma tutto sommato ci sappiamo stare. Il corpo cerca il nostro volentieri con la fresca ingenuità di un bambino. Ed è per questo che ci può salvare.

Io non sto volentieri nel mio corpo in sovrappeso. Non sono contenta quando mi lascia senza fiato nel bel mezzo di una passeggiata in montagna, quando ha troppo caldo  per tenersi i vestiti addosso, quando lo stomaco tira per tutto quello che ci è dovuto entrare. Però ci so stare.

martedì 3 luglio 2012

“Ma riesci a mangiare con questo caldo?” Nuove verità sui magri dentro (e fuori).

da "notti d'agosto" di Daniel Cuello, clicca sulla foto per la vignetta completa
Click. Il ventilatore passa da uno scialbo ripetersi alla solida fissità dell’aria della stanza. Si scusa ma si sveglierebbe col mal di gola.

All’ombra della notte ormai iniziata i gradi sotto al tetto sono trenta. E’ magro, si sa. Una maglietta nera fascia il torace per niente accaldato, la finestra sopra le nostre teste aperta solo per metà.

Click. Nel fresco sollievo dell’alba provo a riaccenderlo per qualche minuto. Senza uscire dal sonno si avvolge in una stretta crisalide di lenzuola, lo spengo.

Dalla mummia esce un sospiro, grave. “Eh, così non so se ce la faccio a dormire”. Fingo di non capire che il così allude a un qualcosa che viene da fuori.

lunedì 2 luglio 2012

Il rigore si sconta, sempre. Il percorso a ostacoli del saper amministrare le forze.

No, non ho deciso di infondere nuova vita a questo blog lanciandomi in un contradittorio carosello di approfondimenti di tecnica calcistica.

Intendevo il rigore morale, l’eccessiva disciplina.

Alla fine si spezza, non importa quanto siamo convinti che la faccenda sia un fatto personale tra noi e la corda né quanto crediamo di saper gestire il limite della tensione, essendo noi a doverla sopportare. La corda si spezza per tutti. 

Non esistono eroi più forti della natura umana, esistono persone umane abbastanza intelligenti da tenersi sempre un po’ al di sotto del proprio limite, così da alzarlo senza doverlo superare.

Perché quando si passa il limite di sopportazione si atterra sempre più in basso. Di solito di culo, qualche volta di faccia.

domenica 1 luglio 2012

Per vincere basta un avversario più debole di noi. Essere vincitori è non lasciar spazio alla sconfitta.



A volte bisogna crederci selvaggiamente anche solo per limitare i danni.

Umano cedere alla tentazione del “tanto ormai” e creare un cratere dove poteva restare un avvallamento del terreno.

Come quando una squadra ti vola irriverente tra le gambe e un giocatore entrato troppo tardi insegue una soddisfazione all’ottantacinquesimo di una partita stravinta. E chi poteva cedere alla superiorità dell’avversario con un onorevole 2-1 si arrende all’evidenza e fa spazio alla sconfitta fino a renderla vera.

Il mio avversario non era più debole di me, sennò avrei vinto. Come ho vinto con il digiuno tra amici. Come ho vinto con il reintegro a due. Per essere vincitore, anche perdendo, avrei dovuto crederci fino in fondo che questa del rientro a casa era una partita alla mia portata.