
C’è chi si infortuna gloriosamente sul campo di una qualche gara e a chi basta un signore che saliva sull’autobus. Mentre io scendevo.
La potenza dell’inerzia del suo piede distratto esplosa sul legamento della mia caviglia. Centrato con l’assoluta precisione che solo il caso saprebbe riprodurre. Quaranta giorni di stampelle, una maestra di danza incredula e un paio di ex caviglie forti da reinventare.
C’ero quando è successo. Lo so che inciampo facilmente, un po’ perché guardo sempre per aria un po’ perché da allora una caviglia ogni tanto va giù.
Eppure l’ho pensato. E detto. E ripetuto. Che è colpa mia se ora non posso iniziare a correre. Che non avrei dovuto inerpicarmi su delle zeppe così alte.
Che prima di vederlo sdoganato a Londra per me il plateau era una scarpa da drag queen.
Che per quanto Enzo e Carla caldeggino l’adozione della scarpa-marciapiede per la spesa del mattino* insistere a portarla in occasioni disinvolte è inelegante.
Che ondeggiare fuori dal negozio sportivo a venti centimetri da
Che per quanto Enzo e Carla caldeggino l’adozione della scarpa-marciapiede per la spesa del mattino* insistere a portarla in occasioni disinvolte è inelegante.
Che ondeggiare fuori dal negozio sportivo a venti centimetri da