
E’ arrivato, non posso combattere oltre.
Il giorno della cena con due perfette sconosciute incombe sul mio umore come un esame per cui non hai studiato.
Certe situazioni sono una bomba a orologeria. Come quei due fratelli sfacciatamente simpatici che il tuo ragazzo non rivede dal liceo. Un giorno o l’altro vorranno riscoprirsi amici come allora. E vorranno anche organizzare una cena. Con tutta la loro esuberante allegria, il loro metro e ottanta per uno -che meno quel giorno meno non ne distribuivano- e le rispettive ragazze. Le due senza sorpresa. E io.
Ora che ci penso non è nemmeno detto che mi vedano subito.
Potrei provare a dirgli che sulle mie gambe c’era un paghi uno prendi due. Due da 50 centimetri al prezzo di una da un metro. Il sedere invece era un 3x2. Oppure potrei vincolare la mia autostima a una nuova grandezza, la Lunghezza Totale. La mia è 230 centimetri. 155 di altezza e 75 di girovita. La stessa di una di un metro e settanta con girovita di 60.
“Ciao, io sono Miriam”. Nei miei pensieri una così non si chiama Caterina. Un tubino scuro a metà coscia, lunghi capelli biondi. Le ossa forse un po’ forti, la vita non troppo segnata. La mia immaginazione la inquadra a altezza petto. Possono i gemelli Weasley presentarsi accompagnati da due ragazze soltanto carine?
C’è sempre un’ultima risorsa. Far sostenere che sono stata trattenuta sul lavoro e spacciarmi come animale da compagnia. “Sono venuto col mio furetto scassaminchia. Non conoscete la specie?”
Speriamo che la cena non mi tocchi nella ciotola del cane.