
Borsa capiente, ciabattine da doccia leggere e il telo in microfibra tecnica che pesa due etti da asciutto e due chili da bagnato. Se lasciato cadere sul pavimento del bagno turco i chili possono arrivare a quattro.
Una quantità di intimo di ricambio che i cassetti non vedevano dai tempi dell’abbandono del pannolino, una tutina che sfina, i guantini da pugilato e poi se ti serve altro lo vedi via via.
Anche perché in tre settimane di frequenza mi hanno già rubato una spazzola pieghevole, cosmetici vari e una tuta. Sudata. (!?)
Tornare dal Decathlon per un a seconda tuta.
Tornare dal Decathlon per un a seconda tuta.
Investire con lungimiranza ripetendosi che “le spese iniziali sono una tantum” a ogni coda alla cassa.
Quindi farsi male il 29 novembre che tanto l’abbonamento lo paghi per intero da dicembre. E stare fermi tre settimane, ma non tre settimane qualsiasi. Quelle che dovevi stringere i denti e alzare i battiti in vista del tour de force gastronomico natalizio. In vista delle cioccolate calde con gli amici. Delle cene con gli amici. Della cena con gli amici, i suoi. Quella che l’hai scampata una volta e da allora dovevi correre come se non ci fosse un domani per affrontarla a testa alta.
E invece sei stata ferma. Ferma come un’oca francese inchiodata al pollaio. “Poverina, ti fa male la caviglia?” E giù pasticcini. Magari a Natale mi servono con le patate.
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