Affetto zucchine con gesti carezzevoli, schiaccio polpa di melanzana a colpi delicati di forchetta, scotto invece di lessare, taglio invece di frullare. Tratto il cibo con un rispetto nuovo.
E dire che ero una food-blogger. Perfezionavo ricette già buone aggiungendo, aggiustando, allungando.
Poi ho incontrato Gordon Ramsay. Il suo babaganoush erotico in punta di forchetta. I suoi brodi vegetali appena sbollentati e abbandonati a lunghe infusioni.
E la mia amica francese di Londra, quella che non sa cucinare. Le sue cene disinvolte di salmone in papillote con origano e pomodorini croccanti. Di baguette e Chèvre passati al forno e accompagnati da misticanza appena condita. Effortless, chic, autentico. In barba ai miei gnocchi al cavolo nero e gorgonzola che ama tanto. Uno a zero per lei.
Adesso tolgo, semplifico, accorcio. Questa zuppa è un down-tuning di quelle che ho imparato nell’Est Europa. Così acquose e delicate. Tornando in Italia avevo aggiunto un soffritto qui, una cucchiaiata di creme fraiche di là, qualche dadino di pancetta croccante come topping occasionale. Da Diane Keaton a Scarlett Johanson, come Woody Allen.
Ci voleva la saggezza dei trent’anni a capire che meno era meglio. Così sono tornata all’antico e ho tolto il soffritto e il formaggio. Ho aggiunto l’infusione nel brodo vegetale di Gordon e la Butternut Squash, la zucca più buona che ho scoperto a Londra. Nonché l’unico cibo che costa meno lì che qui.
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